Revisione catastale, il Comune deve motivare l’aumento del valore dell’immobile 

Pubblicato 16 settembre 2019

Revisione catastale, il Comune deve motivare l'aumento del valore dell'immobile

La Corte di Cassazione detta le regole per la tutela dei contribuenti dagli accertamenti del Fisco

In caso di revisione catastale motivato da ragioni perequative (ammesso dalla Legge in caso di scostamento rilevante fra valore medio di mercato e valore medio catastale), va spiegato al contribuente perché il valore del suo immobile è aumentato, come è stato ricalcolato e, soprattutto, perché sarà chiamato a pagare tasse più alte.

La Cassazione, con la sentenza 22671/2019, , ha dettato una serie di regole per coniugare le esigenze di revisione catastale con la tutela del contribuente.

I giudici hanno spiegato che il presupposto per la revisione è che lo scostamento tra i due valori medi sia notevole, cioè almeno il 35%, salve diverse disposizioni comunali. La rendita catastale di ciascuna unità immobiliare compresa nella microzona "anomala" potrà essere aumentata in misura percentualmente corrispondente a quella necessaria e sufficiente per rendere il rapporto tra il valore medio di mercato ed il valore medio catastale delle unità immobiliari della microzona non superiore per più del 35% rispetto all'analogo rapporto relativo all'insieme delle microzone comunali.

Una volta accertati i presupposti per la revisione, il Comune deve dedurre e provare i parametri, i fattori determinativi ed i criteri per l'applicazione della riclassificazione alla singola unità immobiliare. Il Comune deve in sostanza dimostrare, spiega la sentenza, di aver perseguito "finalità meramente perequative e di riallineamento". È inoltre necessario illustrare le operazioni compiute e i dati utilizzati per consentire al contribuente il controllo e la difesa da eventuali errori.

Nel caso esaminato dai giudici, il Comune aveva operato la revisione catastale di una zona in cui erano stati effettuati una serie di interventi di riqualificazione.

L'Agenzia delle Entrate aveva quindi inviato al proprietario un avviso di accertamento, che secondo la Corte d'Appello era legittimo dal momento che la zona era stata interessata da una consistente rivalutazione del patrimonio immobiliare e della redditività, dovuta anche alla diffusione di numerose attività commerciali.

Dal momento che le operazioni ed i calcoli effettuati dal Comune non risultavano chiari e sufficientemente motivati, la Cassazione ha accolto il ricorso del privato contro l'accertamento del Fisco.